Cryptobia branchialis (forme branchiali)

La Cryptobia branchialis è la specie di protozoo Cryptobia più diffusa (Europa, Asia, Nord America e Filippine).

E’ un parassita con scarsa specificità per l’ospite e può colpire, oltre ai pesci d’acquario, anche pesci di allevamento e selvatici (particolarmente quelli di lago come Carpa, Carassio, Pesce gatto).

DESCRIZIONE CRYPTOBIA BRANCHIALIS

Inoltre, poiché Cryptobia branchialis può tollerare anche alte concentrazioni di sale, l’infezione è stata segnalata in diverse parti del mondo anche in pesci di acqua di mare.

Due sono le specie patogene di questo ectoparassita: C. branchialis e C. iubilans.

Cryptobia branchialis: 1 flagello anteriore, 2 bleferoplato, 3 kinetonucleo, 4 nucleo, 5 membrana ondulata, 6 granuli alimentari, 7 flagello posteriore

Ha corpo appiattito con estremità anteriore larga e parte posteriore più stretta a forma di foglia di salice.

La sua lunghezza è di circa 5-12 μm e possiede due flagelli che si dipartono dalla estremità anteriore; uno è diretto in avanti (flagello anteriore), mentre l’altro (flagello posteriore) si dirige posteriormente ed è collegato al corpo del parassita mediante un abbozzo di membrana ondulante, quindi continua libero oltre il corpo del parassita.

Al centro del corpo c’è un nucleo tondeggiante. Di fronte a questo vi è un kinetonucleo ed attorno al nucleo sono presenti granuli di cromatina. Quando il parassita lascia l’ospite, il flagello anteriore e la mambrana ondulata muovono in avanti il corpo.

Cryptobia branchialis
Parassita attaccato all’epitelio branchiale (microscopia elettronica)

Il parassita si attacca alle branchie del pesce sia aderendo alle cellule mediante la membrana ondulante, sia facendo penetrare la parte libera del flagello posteriore nella compagine dei tessuti in posizione intercellulare, distrugge l’epitelio e le lamelle branchiali generando trombi (coaguli di sangue) nei vasi sanguigni delle lamelle branchiali.

Questa infiammazione degli organi branchiali rallenta la circolazione sanguigna; nel frattempo, il muco secreto in risposta all’irritazione riguarderà la parte intatta della branchia; quindi, la respirazione è impedita. Se la malattia avanza i pesci avvertiranno dispnea e alla fine moriranno di asfissia.

La stagione epidemica del parassita riguarda i mesi che vanno da maggio ad ottobre con un picco tra i mesi di luglio e settembre.

Il potere patogeno di Cryptobia branchialis è stato oggetto di notevoli discussioni. Secondo alcuni studi eseguiti con microscopia ottica, l’attacco del parassita determina gravi alterazioni della struttura branchiale, come distruzione dell’epitelio, iperproduzione di muco e formazione di trombi che ostacolano la circolazione e che possono determinare la morte degli animali colpiti.

Secondo altri studi eseguiti con microscopia elettronica, non sarebbero individuabili lesioni determinate dal parassita, per cui questo sarebbe in realtà da considerare un innocuo ectocommensale (che vive a stretto contatto con l’organismo ospite traendone beneficio da esso ma senza recargli alcun danno). Si osserva principalmente riduzione del volume delle lamelle branchiali e abbondante muco che ricopre queste strutture portando difficoltà respiratorie.

TERAPIA

Ad oggi non è conosciuto alcun farmaco sicuramente efficace.

– Si può usare Rame e ferro solfato alla concentrazione di 0,7 ppm per alcuni giorni.

Metronidazolo

Acriflavina

– Isometamidium cloridrato

L’uso di Isometamidium cloridrato è in grado di lisare C. salmisitica in vitro. Nel pesce viene usato al dosaggio di 1 mg/kg di peso per iniezione intramuscolare. Il farmaco raggiunge il picco ematico in 2-3 settimane dalla iniezione. Il farmaco è efficace nella fase pre e post clinica della malattia. Nella fase acuta il farmaco è inefficace in quanto modifica la superficie epitopale (l’epitopo è quella piccola parte di antigene che lega l’anticorpo specifico) del parassita in modo da impedire la sua lisi da parte degli anticorpi fissanti il complemento.

L’Isometamidium è comunque maggiormente efficace a dosaggi più elevati (2,5 mg/kg di peso) per la quale l’infezione è eradicata nel 30% degli esemplari trattati, mentre nella restante parte vi è una significativa riduzione della parassitemia. Tuttavia in questi casi risulta alto il numero di decessi per la tossicità del farmaco. Il medicinale può essere usato anche a scopo profilattico e non influenza la crescita dei pesci. In vitro il farmaco danneggia i mitocondri obbligando il parassita ad un metabolismo glicolitico lattacido.

L’effetto complessivo del farmaco è selettivamente tossico per cui nelle ittiocolture vengono praticate terapie con anticorpi specifici per ridurre il dosaggio dell’Isometamidium. Naturalmente i costi per interventi farmacologici diventano insostenibili per un privato.

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