Cryptobia (forme gastrointestinali)

Cryptobia è un protozoo flagellato non-fotosintetico a vita libera con appendici mobili, responsabile della malattia denominata Cryptobiosi.

Esso è simile ai parassiti Hexamita e Spironucleus responsabili della malattia del buco con i quali viene spesso confuso.

 DESCRIZIONE DELLA CRYPTOBIA

Ad oggi sono state identificate 52 specie appartenenti al genere Cryptobia di cui 5 sono ectoparassite e infettano la cute e le branchie dei pesci ospiti (ciclo diretto), 7 sono endoparassiti enterici e infettano l’apparato gastrointestinale (ciclo diretto), e infine 40 (appartenenti al sottogenere Trypanoplasma) sono emoflagellati che vivono nel sangue (ciclo indiretto che prevede l’intervento di sanguisughe quali ospiti intermedi).

Cryptobia

Cryptobia salmositica:

 

I pesci maggiormente colpiti da questa malattia sono i Ciclidi sia africani che americani. Entrambi i gruppi che vivono allo stato selvatico possono essere, in vario grado, portatori della malattia.

Sono poi coinvolte anche altre specie di pesci che in ordine di frequenza con cui la malattia viene rinvenuta, sono: Gourami, Koi e Pesci Rossi, e pesci gatto.

Cryptobia neghmei:

La malattia provoca di solito infiammazioni nodulari localizzate nei tessuti o granulomi, come risposta immunitaria da parte dell’ospite che cerca di arginare l’infezione. Essi si formano nello stomaco, ma in casi gravi, possono derivare infezioni sistemiche che interessano il sangue e gli organi tra i quali il fegato, la cistifellea, l’ovaio, gli occhi e il cervello.

Il parassita si replica attraverso scissione, ma può anche formare cisti che vengono eliminate con le feci e costituiscono un mezzo di diffusione della malattia. Nel sangue Cryptobia produce una emolisi dalla quale deriva una anemia microcitica ipocromica. Altri segni interni sono splenomegalia e distensione addominale con ascite. Spesso si osserva anche esoftalmo.

I tassi di mortalità e morbilità sono direttamente collegati a una serie di fattori, tra cui le malattie secondarie, la dieta, specie, taglia, età e, soprattutto, la qualità dell’acqua. La Cryptobia ha una forma a pera, con due flagelli, uno a ciascuna estremità. La malattia è associata a granulomi, attraverso i quali il pesce diffonde il parassita.

La causa principale della malattia è rappresentata da una alimentazione scorretta: uso di carne e frattaglie, avitaminosi B e C e cibo scaduto. Ma anche cattive condizioni dell’acqua (alti nitrati e stato di alta ossidazione dell’acqua) possono rappresentare una concausa della malattia. La malattia viene inoltre trasmessa dalle sanguisughe rese vettori del parassita dal sangue di un ospite.

Esistono pesci che mostrano una certa resistenza alla malattia dovuta alla inattivazione di alcune proteasi secrete dal parassita rappresentate da una antiproteasi (alfa2-macroglobulina). Questi pesci non mostrano i sintomi della malattia e sono in grado di guarire rapidamente dalla infezione. Questo fatto apre prospettive per la ittiocoltura attraverso la quale ceppi selezionati di pesci che presentano questa macroglobulina possono affrire un valido supporto ai rischi di infezione nei confronti della Cryptobia.

Sono in studio vaccini con parassita attenuato che pare stiano dando un certo successo contro l’infezione da Cryptobia.

vista al microscopio

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SINTOMI

– Feci mucose filamentose e traslucide prodotte dalla reazione infiammatoria delle cellule intestinali

– Diminuzione dell’appetito fino alla anoressia con letargia e perdita di peso. In stadi iniziali della malattia il cibo viene assunto ma poi rapidamente espulso dalla bocca. L’anoressia contribuisce alla immunosopressione dei pesci infettati, ma è anche benefico per il pesce infettato perchè diminuisce le proteine plasmatiche riducendone l’assunzione. La riduzione delle proteine del plasma abbassa la replicazione del parassita e conseguentemente la i livelli di parassitemia. Quest’ultima diminuisce la severità della malattia e la sua mortalità.

– I pesci cercano ossigeno in superficie a causa della suscettibilità alla ipossia dovuta all’ostacolo meccanico rappresentato dai parassiti circolanti che occludono i piccoli vasi sanguigni.

– Talvolta può comparire lieve rigonfiamento addominale ed esoftalmo, osservato soprattutto nei Ciclidi.

– I colori della pelle divengono più scuri

– Compare isolamento dal gruppo

– Erosioni o ulcerazioni della testa fino alla linea laterale.

– Alterazioni della linea laterale che diviene più evidente, biancastra e marcata.

TERAPIA

Non esiste una terapia del tutto efficace contro la Cryptobia. Il singolo pesce va isolato per evitare il diffondersi della malattia e vanno garantite condizioni di acqua ottimali anche nel laghetto di origine. E’ necessario aerare bene la vasca per la tutta la durata del trattamento.

– Si può provvedere ad innalzare la temperatura oltre i 30°C in quanto i flagellati intestinali tollerano con difficoltà le alte temperature.

– Buoni risultati si sono ottenuti con trattamenti di Blu di Metilene, ma non tutti i trattamenti rispondono efficacemente con questo farmaco.

– Può essere utilizzato il Metronidazolo (750 mg / 100 litri) sia nella vasca separata che nel laghetto arredato in quanto tale farmaco non influisce negativamente sui batteri nitrificanti. Il trattamento del pesce (o dei pesci) deve essere interrotto se questi smettono di alimentarsi. La durata del trattamento non deve essere inferiore ai 12-15 giorni per evitare un ritorno rapido della malattia.

– Studi sperimentali stanno dando interessanti risultati con l’uso del Dimetridazolo (1,2-dimethyl-5-nitromidazolo) (non disponibile in Italia) (80 mg/L per 24 h da ridosare ogni giorno per 3 giorni), oppure del 2-amino-5-nitrotiazolo (10 mg/L per un minimo di 3 giorni).

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